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14 settembre 2016 – 14 simultaneità di fuso orario
di Gae Saccoccio
• Reykjavík (12.30)
Pausa pranzo. Centro Ricerche Genoma Umano nella foresta di betulle d’Hallormstaõarskógur. Alma B., 25 anni è operaia specializzata addetta al controllo del sistema d’areazione sotterranea nei laboratori Sviluppo Materia Viva Fluida. Intenta a poppare dalla cannuccia il suo pranzo liquido-sintetico a base di bistecca d’Angus in polvere aromatizzata all’aria di Aprile con retrogusto indiscutibile di Champagne Rosè, Barolo di Serralunga d’Alba o Chambertin di grande annata, a seconda dell’opzione prescelta. Questo infatti dipende dalla scelta personale. Il fattore Aromatizzazioni e Retrogusti Opzionali è deciso settimana per settimana dai singoli lavoratori del CRGU al momento della prenotazione telematica del menu pranzo-liquido-sintetico. Alma B. guarda un vecchio film sullo schermo del suo portatile, incapsulata alla poltroncina della solita mono-cabinetta Cibo Luce Relax nella sala mensa Nutrimenti Terrestri. Il film, a partire da un luogo improbabile nel deserto dell’Arizona, racconta la colonizzazione e distruzione del mondo intero a causa di certe terribili formiche giganti…
[Voce off]: Sapevamo quindi che saremmo stati trasformati… costretti a far parte del loro mondo. Non capivamo ancora per quale scopo… ma sapevamo che ci sarebbe stato presto detto. [Fase IV: distruzione Terra (1974) di Saul Bass]
• Lahore (17.30)
Vainkul e Pompinitta. 17 anni, gemelli siamesi. Da due settimane avevano intrapreso un lungo viaggio dalla campagna per andare a trovare il nonno internato nell’ospedale psichiatrico a Lahore. Hanno viaggiato su una bicicletta trovata dentro il relitto d’un aereo merci caduto nel bosco nei pressi della loro baracca. Sono stati i primi ad avvistarlo. 5 ore di cammino sui monti prima d’avvicinarsi all’accaduto. Hanno osservato a distanza il pilota senza vita, dissanguato nella sua cabina, incastrato in una trappola per topi di metallo-vetro. Non potevano farci niente. Raccattata quella bicicletta e una cassa di legno con 6 bottiglie di vino intatte dentro, sono ritornati indietro verso la baracca.
Oggi sono finalmente arrivati a destinazione. Hanno portato con loro anche la cassa recuperata nella stiva dell’aereo. Non sanno cosa sia, ma immaginano possa essere un dono molto gradito a quel loro buon nonno mezzo matto. Hanno trovato il nonno seduto su un sasso nel giardino fuori l’ospedale abbracciato ad una capra Markhor. Un medico giovanissimo ha poi spiegato loro di non rattristarsi se il vecchio non li avrebbe mai più riconosciuti. Gli procura anche un apribottiglie mostrandogli come fare a stappare le bottiglie che pare siano di vino bianco francese. I due gemelli si sono rallegrati, sfidandosi a vicenda a chi era più bravo ad aprirle. Stappate tutte e sei le bottiglie hanno cominciato a girarsele una ad una sorseggiandole a canna come fosse acqua. Il nonno ha bevuto la sua parte di vino a grandi sorsate e ne versava ogni tanto quanto bastava nella scodella della capra Falconeri che s’è abbeverata anch’essa famelica mentre lui intanto sghignazzava e se la rideva a perdifiato. Tutti allora a ridere a cantare ad abbracciarsi. Bevendo a gargarozzo, sputando al vento, cadendo a terra e pian piano, finite le sei bottiglie, eccoli ora qua addormentati, gonfi e felici sull’erba: gemelli, nonno e capra ubriachi (ore 17.30). Erano sei bottiglie di Montrachet del 1989 di Bouchard Père & Fils.
• Managua (6.30)
Dipartimento Chinandega. Pendici del vulcano Momotombo, sede centrale della produzione della Strammerd-Beer proprio dove un tempo sorgeva una piramide sacra alla civiltà precolombiana: Popogatepe “Bocca dell’inferno” così come era conosciuta da indigeni e conquistadores che la veneravano alla pari d’una catena di vulcani del Nicaragua composta da 14 coni craterici.
Siamo sul Lago Xolotlán uno dei siti più inquinati del Centro America. Tutte le fogne e le discariche della città sversano nel lago senza tregua fin dal 1927. Uno squalo leuca (Carcharhinus leucas) tre occhi e una doppia pinna frontale oltre che dorsale, a causa d’una malformazione congenita dovuta probabilmente alla contaminazione lacustre, sguazza agile nelle acque del lago. Lo squalo leuca, chissà, stimolato dal luccichio curioso dell’oggetto con su scritto Stramm…eer, ha appena inghiottito per errore una lattina di birra vuota spaccata nel mezzo che gli squarcerà l’esofago facendolo morire d’emorragia interna da qui a nemmeno qualche ora.
• Lisbona (13.30)
Bairro Alto. Alla TV, concerto di cantante kitsch-pop ultracinquantenne stramilionario travestito d’adolescente mentre s’atteggia, sgola e sbraccia in pose da ribelle senza causa da un palco davanti a migliaia di ragazzini. Con gesti plateali s’ingozza da una bottiglietta di birra: Strammerd-Beer, brand multinazionale di cui è palesemente il testimonial. “Negócio é negócio” (business is business), come canta il ritornello di un suo cavallo di battaglia da Hit Parade nazionale. Biascica strofe di una tale insulsaggine e mostruosa banalità che la Banalità del Male cui faceva riferimento la Arendt circa il processo ad Eichmann sono bruscolini.
Hermenegildo, 68 anni, ha gl’occhi sbarrati. È in concentrazione mistica apparente su una macchia d’umidità nel muro dietro al televisore nella sua stretta stanza di casa-famiglia. Hermenegildo è schizofrenico. Diagnosticato fin da quando aveva sei anni con la Sindrome di Cotard volgarmente nota come “Sindrome dei cadaveri che camminano”. Hermenegildo sa di non avere più organi interni. Hermenegildo sa fin troppo bene di non esistere. Hermenegildo infatti non è. Vive da cadavere assorto in una macchia d’umidità nel muro che è tutta la sua Via Lattea in cui spazia immobile, fluttuando alla velocità della luce da un margine all’altro del tempospazio.
• Mosca (ore 15.30)
Centro commerciale GUM (Glavnyj Universalnyj Magazin). Irina Pisciazza, 44 anni, ragazza madre, sposata a 18, vedova a 19. Parto trigemellare, tutti e 3 i bimbi sono morti prima dei 5 anni a distanza di un anno l’uno dall’altro. Da 24 anni è impiegata specializzata “addetta alla polvere” presso la nota rivendita d’alcolici di lusso: Likeri i Shampanskoye, passata da una gestione all’altra decennio dopo decennio. Al momento è proprietà del signor Konstantin Sifilitovsky Pippanof, ladro nella legge (vory v zakon), membro molto attivo dell’Organizacija. Il Signor Sifilitovsky Pippanof entra in negozio subito dopo il riposo pomeridiano. Puntando dritto all’Irina Pisciazza si rivolge a lei urlandole in faccia brutalmente con tono duro e muso da molossoide: “Donna Pisciazza quante altre volte prima di licenziarti definitivamente devo ripeterti che le bottiglie di Krug Collection vanno spolverate solo nella parte scritta dell’etichetta avanti e dietro, e mai, mai, MAI e POI MAI sul vetro? Dopo passa giù da me che sistemiamo la cosa in privato come da accordi…”
• Hong Kong (ore 20.30)
In Tsim Sha Tsui, Mr. George Si Nu Fang è proprietario d’un palazzo di 90 piani. Nei sotterranei del grattacielo, Si Nu Fang custodisce opere d’arte, quadri, manoscritti antichi, sculture in travertino e almeno qualche paio di milioni di bottiglie dei vini più costosi al mondo: Bordeaux, Borgogna, Mosella, Supertuscans, Sauternes, Napa, Tokaji. Anche se ne bevesse una al giorno per i prossimi 40 anni, sarebbero quattordici/quindicimila bottiglie di vino al massimo.. ad arrivarci a qualche paio di milioni! Si Nu Fang è un perfetto analfabeta partito da zero quando era bambino in Mongolia vendendo ami da pesca agli abitanti del Deserto del Gobi. Ora Mr. George è il leader mondiale del lattice. Sì, il latex dei preservativi, dei dildo pornografici e delle uniformi sadomaso BDSM tra le altre cose. Non sa neppure lui quanti soldi ha accumulato spalmati in immobili, fondazioni, banche, società, catene alberghiere, ristoranti e mille altre attività. Alle ore 20.32 in Kowloon, stravaccato al tavolo di uno dei tanti ristoranti super-lusso di proprietà, Si Nu Fang resterà soffocato da una lisca di carpa mentre succhia rumorosamente la sua zuppa preferita accompagnata da un Hermitage La Chapelle 1961 Paul Jaboulet Aîné. Nei pochi minuti prima di restare stecchito gli scorrerà davanti agl’occhi la Mongolia di quand’era bambino, il Deserto del Gobi, i pescatori analfabeti come lui, gl’ami da pesca e un fallo di latex rosa shocking gigantesco e alto come il K2 (8.611 m.).
• Sydney (ore 22.30)
Redfern. Automobile parcheggiata al buio lungo una via disabitata affianco a dei fusti dell’immondizia che un giorno si uno no i ragazzini del quartiere si divertono a dar fuoco. Oggi è un giorno no. Davanti al posto del conducente e a quello del passeggero, ognuno riverso sul lato della propria portiera, ci sono un uomo con una donna in coma da overdose dovuta a un mix letale d’eroina e fentanyl. Le braccia scoperte della donna catatonica sono ulcerate da lividi, piagate con tagli, croste e buchi d’ago. La testa di lei all’indietro come peso morto è poggiata sul vetro del finestrino, quasi avesse la spina dorsale spezzata. Ai suoi piedi scalzi, grumi di vomito, siringhe incrostate e lattine di Strammerd-Beer. L’uomo ha la faccia blu elettrico dei puffi, le palpebre sbarrate. I bulbi oculari roteanti appaiono privi d’iride, le pupille scomparse, come evaporate: due biglie bianche di gelatina lunare tremolanti nell’oscurità. Dietro di loro sul seggiolino c’è un bimbo biondo in tutina di jeans, Billy jr., il loro figlioletto di cinque anni che al momento dorme placido e sogna koala in paracadute, aeroplanini di cartone, elicotteri di stuzzicadenti, pianeti di zucchero filato, astronavi d’ovatta e piume d’oca più incredibilmente belli, tanto più colorati e leggeri di quelli che fa il nonno Zak.
• Roma (ore 14.30)
Dialogo in treno, vagone di I classe. Due manager assicurativi della sede italiana della Strammerd-Beer, filiale di Brescia.
– Manager X: “La velocità delle nostre vite supeflue… è tutto stabilito dal cronometro e intanto perdiamo i dettagli perché siamo costretti a correre..”
– Manager Y: “L’avevi poi studiati i cavilli dietro quella polizza? Lui pare fottersene alla grande. Sembra abbia risposto al giudice istruttore: ‘Io prima mi strozzo un Margaux del’59 e poi ci piscio su alle tue decisioni del cazzo, caro il mio magistratino!’ …Certo che così se le cerca di brutto. Si sente intoccabile Lui. Un Padreterno!”
– Manager X: “Una sera per andare in ufficio da Lui ho dovuto attraversare i corridoi sotterranei della struttura dove mi raccontano ci sono centinaia d’enormi vasche d’ebollizione fumanti ricolme con materia contaminante. Ho dovuto indossare una tuta di lattice completa con una maschera d’ossigeno. Tutti i molti casi di neoplasia degl’operai addetti alla struttura di produzione e gl’impiegati nel settore sono stati secretati e risolti uno ad uno nella maniera più efficace, indolore e sicura per entrambe le parti. Roba che scotta per davvero. Nessuno ne saprà mai nulla comunque…”
– Manager Y: “I lavori di ristrutturazione della piscina come procedono? Hai poi preso quel pitbull per i tuoi figli come mi dicevi l’altra volta?”
• Tokyo (ore 21.30)
Kazzizawa. Nel primo pomeriggio la distilleria di whisky pregiato, ricercato da collezionisti di tutto il mondo con una storia di quasi 100 anni alle spalle è stata rasa al suolo. Al suo posto costruiranno un centro commerciale specializzato soprattutto nella vendita di sanitari, docce, bidet, tazze da cesso, lavandini marchiati a brand Kazzizawa. Sukasuka Minkiushō, 72 anni a dicembre, moglie malata terminale di cancro ai polmoni, ha lavorato in Kazzizawa dal 1966. Per 50 anni tutti i santi giorni – a volte anche la domenica – Sukasuka-San ha aperto e chiuso i cancelli della distilleria mitica. Ha assistito ai sacri processi di distillazione. Sempre onnipresente e operativo all’arrivo trimestrale del malto scozzese di primissima scelta. Attento custode d’ogni fase della lavorazione scrupolosa delle materie prime. Sotto la sua diretta responsabilità – nemmeno fosse lui il proprietario – erano sottoposti tutti i carichi di bottiglie amorevolmente archiviati sempre da lui, partita per partita, dunque stoccati in magazzino prima d’essere spediti verso ogni angolo del pianeta. Stasera Sukasuka-san è molto triste. Seduto su una panca sotto a un ciliegio illuminato da mezza luna calante nel giardino di Hamarikyū in Shiodome, ogni tanto sorseggia con lentezza di lumaca da una boccetta in porcellana che ha con sé. È parte della sua riserva personale d’un rarissimo Kazzizawa del 1948, dono della proprietà a integrare la sua più che onorevole liquidazione. Sukasuka-San centellina, manda giù e piange amaro ripensando alla gloria passata, alla distilleria rasa al suolo, alla gioventù mai goduta fino in fondo, alla vecchiaia, ai polmoni malati di sua moglie, alle tazze da cesso, ai bidet…
• Vancouver (ore 5.30)
Linea ferroviaria Vancouver-Seattle. Alla guida del treno c’è Roan F. in angosciata apprensione per il suo uomo che senza troppe spiegazioni l’ha mollato la notte scorsa certamente per un altro uomo più giovane, più virile e più forte di lui. Nello stesso istante in cui si distrae per controllare un messaggio appena pervenuto sul cellulare, in quell’attimo preciso avviene l’impatto. Un rumore di sassi schizzati sotto i piedi. Attrito. Ferraglia. Vibrazione. Sensazione di deragliamento. Panico. Deve frenare. Il treno ora è fermo. Roan F. suda freddo, ha il battito a tremila. Deve chiamare la polizia.
Un alce. Un ubriaco. Un suicida. Un distratto in bicicletta. Forse un passaggio a livello <PL> mal-funzionante? Qualcosa o qualcuno è rimasto travolto sotto al treno. Qualcun’altro, le torce elettriche in mano, farà a breve gl’accertamenti investigativi del caso. I passeggeri appiccicati ai vetri sembreranno anzi sono senz’altro delle moleste ventose di lattice* e bava (Latex Si Nu Fang*). L’azzurro intermittente delle sirene d’ambulanza/pompieri/polizia accentuerà fra poco il tono di spavento e impotenza dentro e fuori i vagoni. Condiviso da quasi tutti i viaggiatori allora aleggerà un sentimento notturno misto a disagio, sonno sudorifero, distaccata pietà, irritazione causa ritardo. Il cosmo intero si condenserà quindi in uno sbadiglio col campo gravitazionale d’un buco nero. Estenuante sarà l’attesa prima che l’Autorità Giudiziaria firmi l’autorizzazione a ripartire. Come cristo faranno poi a estrarre dal macigno delle rotaie i pezzi d’anatomia umana, le corna d’Elk, la bicicletta e gli stracci di panni o qualsiasi cosa esso sia? Si chiederà dentro di sé Roan quando si troverà appoggiato sul sedile posteriore del pronto intervento intanto che penserà pure contemporaneamente – ne è quasi certo – al suo uomo mentre succhia con ardore l’uccello grosso, turgido e venoso di un giovane moretto nerboruto.
Vapori di letame d’Angus. I primi bagliori dell’alba squarceranno la pellicola di nebbia e pioggerella. Un cartellone pubblicitario al di là dei binari su una strada secondaria invita a bere “Strammerd-Beer“. Una miseria tutta terrosa impregnata d’orrore e di fumo si sta già sollevando dalla campagna, s’espande dal buio alla luce verso la Totale-Indifferenza-Totale del Sistema Solare.
• Chicago (ore 7.30)
Michigan avenue bridge. Tony Azzu 48 anni, è homeless da 3 anni dopo essersi fatto licenziare dal mattatoio di Lower Wacker Drive per non impazzire completamente. Aveva cominciato a lavorare in quell’inferno di ossa segate, budelli spappolati e sangue fin da quando aveva 16 anni. Al risveglio raccoglie con sé e ripiega il parallelepipedo di cartoni che compongono la sua cuccetta notturna. Nasconde i cartoni nella crepa di un muro da dove recupera una mezza bottiglia di whisky che la notte scorsa un signorotto ubriaco che usciva da un ristorante di lusso prima d’entrare in taxi gl’aveva offerto con meccanica indifferenza alla sua richiesta d’elemosina. Tony sorride, alza le braccia oltre i mille grattacieli in direzione dell’alba a salutare i barconi avanti e indietro sul fiume. Allarga quelle sue braccia intirizzite dall’artrosi al massimo della loro estensione come il Cristo Redentor del Corcovado, ad augurare buongiorno al sole color tarocco di Sicilia riflesso sull’acqua putrida. Tony, sono le 7.30, è invaso da un ricordo. Sua nonna quand’era piccolino gli raccontava di quand’era bambina lei a Pompu, Oristano. Succedeva pochi anni prima di emigrare in America. Sua madre per tenerla tutto il tempo affianco a sé ad insegnarle l’arte complessa di tessere a mano da un vecchissimo telaio verticale le prometteva che alla fine d’ogni matassa c’era una mandorla nascosta in fondo al gomitolo come dono per l’attesa.
Qualche lacrimuccia spunta negl’occhi verdequarzo di Tony. S’attacca alla bottiglia dello sconosciuto, piena a metà, poi legge l’etichetta tutta in caratteri cinesi o giapponesi, non ne capisce niente. Continua a leggere ancora sulla retroetichetta una scritta in caratteri occidentali: Kazzizawa.
• Montreal (ore 8.30)
Palais des congrès. La signora Suzette Foxy è intenta come tutti i giorni alla pulizia e disinfezione dei bagni dell’ala sale conferenze Shitcash. Suzette prima di sottoporsi a vaginoplastica dieci anni fa e diventare ufficialmente la signora Foxy, era il signor Milton Foxy.
Carrello con i prodotti per la pulizia, secchi d’acqua bollente, liquidi disinfettanti, bastoni e guanti spessi di lattice* (Latex Si Nu Fang*), la signora Suzette è concentrata a scrostare i pavimenti, a ripulire le tazze dei sanitari e disinfettare i lavandini tutti a marchio Kazzizawa. Sono le 8.30 in punto del mattino quando la Foxy si ritrova davanti allo specchio dei bagni e in 39 anni, per la prima ed ultima volta nella sua vita, si sofferma poco più d’un minuto a riflettere sulla propria condizione di transessuale fallita, lurida, pulicessi. Nota le borse agl’occhi, la pelle smunta, le guance rugose, i capelli stinti, il collo grosso, quell’aria emaciata e inespressiva attorno al viso come la scoreggia d’un vecchio colitico marchiata addosso col fuoco, è proprio questo che pensa. Passate le 8.31 e qualche altra manciata di secondi, Suzette Foxy non penserà mai più finché campa – almeno per altri 40 anni – a quel minuto appena trascorso. Continuerà a guardare come sempre cantanti ultracinquantenni stramilionari kitsch-pop in TV. Mangerà come al solito cibo squallido dei fast-food. S’ubriacherà come ogni week-end a pacchi da 12 di lattine Strammerd-Beer. Continuerà a sognare in solitudine l’amore vero innocente masturbandosi con soffocata violenza chiusa nei bagni pubblici dove lavora, al suono eccitante del fiotto va-e-vieni delle pisciate d’uomini là fuori in piedi di spalle davanti le tazze a muro.
• Kathmandu (ore 18.30)
Tempio di Pashupatinath (पशुपतिनाथमन्दिर) consacrato al Dio Pashupati, manifestazione di Śiva.
Akshamalacan è il rampollo della potentissima dinastia canadese degli Shitcash proprietari unici della Strammerd-Beer. È giunto in Nepal da oltre 25 anni dopo aver rinnegato nome di famiglia, genitori, ricchezze, gloria, amori. Akshamalacan è il suo nome da convertito alla religione Induista. Ogni giorno assiste i Battha nel rituale d’inumazione dei cadaveri cremati nei ghat. Avvolti poi in sudari arancioni, cosparsi con petali di fiori e acqua del fiume prima d’essere adagiati ed arsi sulle pire funerarie per disperderne in seguito le ceneri sul fiume sacro Bagmati. All’età di 45 anni Akshamalacan – Bob il suo dimenticato nome occidentale – anche oggi come ogni giorno, ha sempre davanti a sé una crepa d’intonaco, una macchia d’umidità che si trovava su un muretto basso attorno all’orto d’aranci della dimora estiva dei suoi genitori terrestri. Si rifugiava in un cespuglio assieme al suo adorato Terranova Edenmartin e se ne stavano fissi là in silenzio davanti a quella crepa quando giocava a nascondino con i suoi cugini rumorosi. Pensava di volare, fuggire via, sprofondare dentro quella macchia a cavallo d’Edenmartin. Cavalcare l’universo attraverso galassie di stelle così che non sarebbero più tornati indietro, mai più, in volo, solo lui e il suo Terranova morto troppo presto, avvelenato… fino a quando la governante spazientita e i camerieri del padre venivano regolarmente a stanarlo per riportarlo in casa.
• Rio De Janeiro (ore 9.30)
Favela Morro dos Prazeres nella baracca più elevata della bidonville. João Paracul 42 anni, in sedia a rotelle. Semiparalizzato dalla nascita, è concentrato sul tavolo di lavoro che è anche il plastico di un formicaio in scala ridotta. Al centro di questo tavolone-formicaio davanti a una specie di grossa scacchiera assemblata a mano come tutto l’ambiente, ci sono una pinta di birra traboccante di schiuma e una bottiglia di Stammerd-Beer ghiacciata. João lavora il legno a mano libera nella sua baracca-falegnameria stracolma di tronchi, pialle, seghe, matite, tavolette e attrezzi vari per l’intaglio. Ogni casella porta il nome di una città con affianco il fuso orario intercambiabile di quel preciso momento a sua scelta: Roma (14.30), Montreal (8.30), Chicago (7.30), Sydney (22.30), Hong Kong (20.30), Tokyo (21.30), Mosca (15.30), Lahore (17.30), Managua (6.30), Vancouver (5.30), Lisbona (13.30), Rekyavik (12.30), Kathmandu (18.30), Rio de Janeiro (proprio adesso, ore 9.30). Su ogni casella sono posizionati dei pezzi antropomorfi che João stesso ha scolpito nei minimi dettagli e dipinto con tratti iperrealistici. João è intento a sfamare le formiche con chicchi di riso cotti al vapore intinti in una melassa di canna da zucchero e cachaça. Nel frattempo continua frenetico a spostare i vari pezzi sulla scacchiera invasa dalle formiche, da una casella all’altra giocando malinconico da solo o con un suo amico immaginario. João è focalizzato su un diagramma di gioco di cui solo lui (solo loro?) sembra (sembrano?) intenderne le regole. Attaccato a ogni pezzo con un filo di spago c’è un cartellino su cui è scritto un nome stabilito dalla fantasia saudade di João: Billy jr., Tony Azzu, Si Nu Fang, Alma B., Sukasuka, Hermenegildo, Roan F., Vainkul, João Paracul, Edenmartin…
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