di Giancarlo Marino
Pommard; centro di Pommard, se è lecito dirlo di un paesino fatto di poche decine di case. Il cortile del domaine che stiamo per visitare sembra uscito come d’incanto da una foto d’epoca, dai bordi ingialliti dal tempo. Armando, Fabio, Giampiero, Luca, Mauro entrano insieme a me con un certo scetticismo. Sono stato io a insistere per questa visita e quindi non posso che mostrare una certa sicurezza, anche se mi sembra di cogliere i loro timori nelle voci di sottofondo e non sono affatto tranquillo. Ma avevo letto da qualche parte che avremmo potuto trovare vecchie e vecchissime annate e che la peculiarità di questa casa vinicola era quella di mettere in commercio i vini solo dopo lunga e paziente attesa. Valeva la pena di rischiare.
Anche la saletta di accoglienza sa di antico, mi ricorda casa di nonna, con le tendine di pizzo alle finestre, il servizio da tè di porcellana nella vetrinetta e quell’odore inconfondibile delle cassettiere di legno tarlato. Ci accolgono l’anziana proprietaria e il figlio, vigneron e enologo. Qualche breve cenno sulla storia del domaine Michel Gaunoux (poco più di un secolo in meno di venti minuti) e ci troviamo tutti seduti ad un tavolo di legno massiccio (che è antico credo di non doverlo precisare) ad assaggiare una decina di bottiglie, dall’annata 1999 ai giorni nostri.
Madre e figlio di siedono su due sedie ad una certa distanza dal nostro tavolo. Per tutta la durata della degustazione non apriranno bocca, ma per tutto il tempo avrò comunque la sensazione di essere osservato (la stessa sensazione che avevo al liceo quando stavo per allungare la mano sotto il banco per prendere la copia della versione di greco dal compagno secchione con il timore di essere scoperto dal professore).
Ad ogni vino uno scambio di impressioni e di commenti, sguardi e cenni di assenso: i vini ci piacciono in modo esagerato e, non poteva essere altrimenti, sanno anche loro di antico. Ci sembra di essere saliti sulla macchina del tempo e di essere atterrati a Pommard a cavallo delle due guerre, ma è come se solo oggi (longe alius, appunto) potessimo apprezzare pienamente quel quadro di vita antica che, resistendo all’oltraggio del tempo, è arrivato fino a noi.
Non possiamo esimerci dal chiedere se è possibile acquistare qualche bottiglia. Madame ci dice che è certamente possibile, perché a noi era piaciuto il vino e a lei eravamo piaciuti noi. La sensazione di essere stati scrutati, soppesati, esaminati si era trasformata in certezza. Fingendo una certa ingenuità, le chiedo se risponde a verità la voce che ogni tanto mettono in vendita vecchissime annate, chessò un Pommard Rugiens del 1929. È ormai evidente che lei sa che noi sappiamo che lei sa che siamo tutto tranne che ingenui e, con un sorriso eloquente, risponde: al primo incontro non si può chiedere più di un bacio, solo se sarà vero amore si potrà chiedere di più.
In verità non furono esattamente queste le parole, ma è come se lo fossero state e comunque mi piace pensarlo.