Sette interi giorni fino a domenica

serata alcolica

di Raffaella Guidi Federzoni

“Con le mani si appoggiò ai bordi della tavoletta e si tirò su. Le fitte allo stomaco erano meno forti. Dalla camera accanto veniva il suono potente di un russare ubriaco. Si guardò allo specchio finendo di pulirsi la bocca con un asciugamano che puzzava di vomito vecchio. Oggi compiva diciotto anni e aveva passato la notte con un ragazzo di cui non ricordava né il nome né l’odore.”*

Parole crude. Me ne allontano leggendo qua e là parole più leggere come “salubrità del vino”. La questione infinita relativa a vini sani e naturali rispetto a quelli considerati insani ed innaturali mi prende ed affascina. Fino ad un certo punto.
Riprendo in mano e continuo a leggere qualcosa che potrebbe disturbare il pubblico raffinato di un certo mondo enoico.

“Luke scese i pochi gradini che portavano al garage. Gli sembrava di avere due pilastri di cemento al posto delle gambe ed in testa un martello pneumatico spinto al massimo. La Mercedes era messa di sbieco, con il parafango anteriore ammaccato. Si avvicinò e si accorse che sulla vernice scrostata c’erano macchie di sangue ed un brandello di stoffa a fiori. – Oh cazzo!- esclamò!”*

Torno all’argomento per cui mi sono imposta di scrivere. Non se ne esce dalla diatriba sul vino, su quello che contiene e fa male, su quello che andrebbe scritto in etichetta, sulla tossicità di certe lavorazioni, viste come stregonerie. Fiumi di parole, happening, manifesti barricadieri. Oramai tutto è scritto e rischiamo solo di ripeterci.

Non posso fare a meno di pensare a molti produttori che conosco, che si alzano tutti i giorni per andare a lavorare in vigna e in cantina. Persone di età diverse, che hanno scelto, sbagliato, ricominciato. Esseri umani con le loro convinzioni, uniti da un’etica che a qualcuno sfugge. Continuare a fare il loro lavoro nel miglior modo possibile, camparci certamente, mantenendo però un rapporto intelligente e veritiero con la materia lavorata, al di là di leggende metropolitane.

Penso anche a chi il vino lo vuole conoscere e che si trova frastornato da informazioni contraddittorie. Quanto fa male la solforosa? E la gomma arabica? E i lieviti selezionati?
È più buono il vino in un modo o in un altro? E se premio quello invece di quell’altro mi comprometto?
Sì certo, continuiamo a discuterne, pacatamente senza guerriglie fra quella o quell’altra fazione. Ma cerchiamo di fare chiarezza su di un punto cardine che molti trascurano.

L’elemento veramente tossico del vino è l’alcol. Possiamo scegliere di bere un vino privo di solforosa, da uve biologiche, vinificato solo con lieviti indigeni, senza diavolerie prese da un qualsiasi catalogo enologico, e con quello spappolarci il fegato ugualmente. La salubrità del vino è una balla, ed è una balla pericolosa perché illude. Ne sono serenamente consapevole e continuo a berlo, per Bacco! Però non mi racconto le novelle pietose su “quello mi fa bene perché è eticamente a posto”. Piuttosto che continuare a leggere certe idiozie su complotti industriali, lotta senza quartiere, giornalisti zombie ed asserviti, l’impero del male in vigna, la solforosa ti ucciderà ed io ballerò sul tuo cadavere, preferisco tornare ad una certa prosa che rende l’idea delle conseguenze dannose dell’alcol, componente primaria del vino.

“Era arrivato in fondo alla seconda bottiglia non riuscendo a dirle le cose che avrebbe voluto. La tovaglia era macchiata di rosso, lo stesso colore di quella bocca che lo stava salutando per sempre. Mentre lei si alzava con un ultimo sguardo pietoso ed addolorato, mentre camminava a rallentatore verso l’uscita, egli pensò con lo stupore torpido dell’alcolizzato che se non fosse stato per quel che aveva bevuto negli anni e nei singoli giorni vissuti insieme, l’avrebbe finalmente presa e rinchiusa in una stanza, coperta di parole mai dette e di gesti mai compiuti prima, spogliata e scopata sul letto o contro una parete, di nuovo e sempre, per sette interi giorni fino a domenica.”*

(*da Somersault and Splatter di Emily Jo Wolfsson)

14 commenti to “Sette interi giorni fino a domenica”

  1. ….In fin dei conti di qualcosa si deve pur parlare….[complimenti bel pezzo]

  2. L’alcool è tossico e il vino non può mai fare bene. Di più, in una certa misura il vino non può mai non fare male.

    Questo lo sappiamo tutti.

    Il fatto è che nel vino si cerca ben altro. Cose talmente preziose per l’uomo da accettare senza esitazione la tossicità etilica del vino, ognuno secondo la propria misura.

    Coerentemente, di ben altro si discute rispetto alla mera salubrità materiale del vino, quando si affronta il tema del vino a cavallo fra uomo e natura.

    • “Il fatto è che nel vino si cerca ben altro. Cose talmente preziose per l’uomo da accettare senza esitazione la tossicità etilica del vino, ognuno secondo la propria misura.”

      Giusto. Anche questo lo sappiamo tutti. Altrimenti berremmo, parleremmo e scriveremmo di tisane, tè, camomilla, et similia.

      • Esimio mr Rizzari, “mi consenta” (cit.) infilare i tè tra tisane, camomilla et similia non rende onore alla sua irreprensibile – indiscutibile – saggezza.
        Il vino, per quanto bevanda nobile, non regge né reggerà mai alcun confronto con il tanto sconosciuto, sconfinato, sublime mondo dei tè.
        Per quanto limitatissima sia la mia conoscenza in materia, sempre disponibile a farle da indegno Virgilio in quella dimensione parallela a dir poco “stupefacente”.
        Cordialmente,

      • Ci mancherebbe. Non legga quello che non c’è: nessuno sminuisce le bevande succitate, né tantomeno il loro “portato di verità e bellezza” (cit.). Il concetto espresso è: “anche se il vino è tossico, noi andiamo oltre, lo beviamo, lo apprezziamo e ne scriviamo. Altrimenti berremmo etc etc solo bevande non alcoliche”.

  3. Mi ripermetto. Tentando di contenere ai minimi il mio permanente stato di alterazione, ma la stima e la virtuale simpatia che nutro per lei mi prevaricano e spingono a ripropormi nuovamente.
    Lo scritto è come sempre pregevole, il tema quanto mai attuale. Lo spostamento del baricentro che tenta però non può convincere, e non convince.
    L’alcool è manifesto e “puro”, e se tutti i giorni mangiassi dei mezzikili di miele (ed i suoi zuccheri manifesti), altrettanto “puro”, il rischio diabete diverrebbe certezza.
    Le sostanze che fan discutere – che, seppur senza un vero abuso, in quel lontano settembre del ’93 mi intossicarono per sempre facendomi rischiare anche la vita (e parlo di solforosa) – son sostanze che quando naturali assumono una valenza per l’organismo, quando artificiali e/o addizionate “scriteriatamente” divengon così nocive da poter esser potenzialmente letali.
    La discettazione sarebbe infinita, vorrei però autolimitarmi rammentando due punti a mio avviso salienti.
    Primo, gli incrementi di fatturato a doppia cifra accumulati negli anni dei venditori di “assistenti occulti” destinati a chi, spesso ignorante, non si arrende alla volontà di Madre Natura, la dicon lunga sulla diffusa cultura che da sempre è mancata (e, sostanzialmente, continua a mancare) nel produrre vino,
    Secondo, siam sempre bravi, mi si licenzi il francesismo ” a fare i finocchi col culo degli altri”. Si dichiarino, come per l’alimentare, tutti gli ingredienti utilizzati per raggiungere il prodotto finale da porre in vendita, sarà poi il fruitore a scegliere e dirigere il proprio consenso su prodotto convenzionale o “naturale”.
    Qui il tema-dei-temi è che il vero valore del mondo enoico sta implodendo, impoverendosi ogni giorno di più, proprio a causa delle tante (troppe?!) parole spese a difendere o attaccare la punta dell’iceberg.
    La luna non sta nel pozzo, ma molti, ancor oggi, permangono convinti del contrario.
    Il mondo non sta a guardarci e, lento e incessante, ci fagocita per prender possesso di tutto il terreno che lasciamo libero perché asfitticamente intenti a tenere in piedi dal di dentro la barcollante cinecittà che è l’italia d’oggi.
    A buon pro.
    Grazie sempre per l’ospitalità in questo pregevole consesso di alterati :)

  4. “Per Bacco, ah ah! Difficile da capire, quanta cultura e quanto amore ci sia dietro una materia viva come il vino. Non è quello da demonizzare, solo da capire e accettare cosa sia una dipendenza. Fa male.”
    Riporto qui un commento inviatomi su Facebook da Isabella Guidi Federzoni, diplomata Sommelier AIS all’inizio degli anni novanta e responsabile dell’Approdo – Centro per le Dipendenze Patologiche.

    Il motivo che mi ha spinto a scrivere questo post è la tendenza a spostare l’attenzione dai veri rischi tossici del vino, confondendo le idee senza chiarirle.

    La scelta produttiva ed esistenziale di tanti vignaioli “naturali” è condivisibile, rispettabile e mi auguro che diventi sempre più ampia. Quello che non condivido è la diffusione di informazioni false e tendenziose da parte di molti che il vino non lo fanno, ma pensano di saperne tanto.

  5. Alla fine degli anni ’70 i Francesi consumavano ancora 110 litri l’anno pro-capite e noi 105. Poi ci furono i morti ed i mutilati per il metanolo (a proposito: gli eredi attendono ancora giustizia, fra un po’ saranno 30 anni… e io non me ne dimentico mai) e di colpo meta’ della gente s’e’ messa a bere altro, oppure la gente s’e’ messa a bere la meta’. oggi siamo a una cinquantina di litri di vino pro-capite, il che significa meno di un bicchierino al giorno a testa. Per giunta si beve anche meglio. Questo, come popolo o quantomeno come me, che bevo a stomaco pieno, bevo moderatamente, cerco di bere bene. I numeri, le statistiche, le macro…eccetera dicono almeno questo. Se poi qualcuno in particolare e’ coglione, beve smodatamente, beve a stomaco vuoto, s’incattivisce di vinacci e non credo soltanto di quelli, beh, credo proprio che siano dei casi patologici. A proposito, non mi sembra che l’autrice dei brani citati sia italiano. Vuoi vedere che, poverette loro, sono rimaste soltanto le anglosassoni a ritrovarsi gli ubriaconi (di vino?) in casa?

  6. Caro Mario,
    magari fosse così! Se noi, maturi adulti, beviamo di meno e meglio (e non è detto che sia così), tanti più giovani no, bevono di più e peggio. Ho citato il commento mia sorella perché si occupa proprio di quello, degli alcolisti e anche di vittime di altre “dipendenze”. La dipendenza da alcol è ancora molto nascosta in Italia. Quella nascosta è, spesso, proprio quella da vino.
    Nello scrivere questo post ci tenevo soprattutto ad evidenziare che a mio parere certi atteggiamenti esagerati su “il vino che fa bene perché naturale” sono sbagliati e devianti. Noi ci muoviamo in un ambiente che ritiene il vino una componente edonistica e culturale importante nella nostra vita, siamo in gran parte già informati su quasi tutto. Tendiamo perciò a sottovalutare il potenziale negativo di certa informazione “sparata” che non ha basi scientifiche serie.
    L’utilizzo di un linguaggio “forte” mi è servito come raffigurazione di questa realtà.

  7. Allora uso un linguaggio “forte” anch’io. Se si e’ dimezzato il consumo di vino, si e’ dimezzato anche l’alcolismo. Si potrebbe obiettare che si e’ allargata la forbice tra chi beve consapevolmente meno ma meglio e chi beve male ma peggio, pero’ il totale e’ la meta’ di quello di prima e su questo non ci piove. Chi si alcolizza non beve soltanto vino e questo e’ un altro dato di fatto: il grappino dopo il caffe’, il grog al rhum con il freddo, il cocktail con liquori forti e ghiaccio d’estate, la birra in pizzeria, eccetera. Mi rifiuto di credere che l’alcolismo sia dovuto ad un eccesso di vino soltanto e ti faccio allora il classico esempio “forte” per farti capire anche gli effetti positivi di un moderato consumo di vino.
    Io ho una cardiomiopatia dilatativa dal 1994, dovuta molto probabilmente ad un’influenza senza febbre curata con eccesso di aspirine con il classico latte e cognac (anzi, cognac e latte) per sudare fortemente sotto le coperte. Da allora sono in cura e in dieta: la prima cosa che ho sospeso sono stati i liquori, tutti, compreso il grappino col caffe’. Ma non e’ bastato. Dopo un altro ricovero ho sospeso anche la birra, completamente. Bevo soltanto vino. Il professore mi ha consentito fino ad una bottiglia al giorno, ma sempre e soltanto a pasto e così vivo dal 1997 con un cuore che doveva essere espiantato ed ero in lista per un trapianto fino a due anni fa, quando si sono accorti che avevo le coronarie talmente pulite (grazie al vino a pasto, mi ha sottolineato il professore) rispetto ai Polacchi con la stessa malattia, che forse sarebbe bastato continuare questo tipo di dieta, cambiando soltanto il tipo di diuretici, per tornare ad un’efficienza cardiaca sopra il 35%, cosa che mi avrebbe escluso dalla lista trapiantandi. E infatti non sono piu’ in lista e continuo a bere vino a pasto, mai a stomaco vuoto, mezza bottiglia a pranzo e mezza a cena, ma due volte la settimana con i pasti forti del sabato e della domenica una bottiglia a pranzo e mezza a cena (purche’ non siano vini da 14 gradi, ma sui 12-12,5). Con i vini di oggi, dal contenuto molto piu’ alcolico di una volta, un po’ meno. Non dire dunque a me che “tendiamo perciò a sottovalutare il potenziale negativo di certa informazione “sparata” che non ha basi scientifiche serie”, in quanto e’ grazie al solo vino che le mie coronarie ossigenano sufficientemente il cuore in modo da tenermelo poiuttosto che fare il trapianto. E’ una raffigurazione abbastanza forte questa, per te?

  8. Caro Mario, grazie per la tua testimonianza diretta. Ognuno ha il medico che si merita, pensa che il mio – in terra senese – mi ha limitato il vino a 1 bicchiere al giorno. Non un bicchiere/fiorera, un semplice bicchiere domestico, circa 125 ml.
    Dovrò trasferirmi in terra polacca?
    E non ha neanche specificato se lo posso bere a stomaco pieno o vuoto, volume alcolico 11.5 o 14.5, solforosa presente tot, additivi tot,certificazione biologica tot, bla bla tot.
    Ha solo detto “Un bicchiere al giorno”. Fine.

  9. Il tuo fprse e’ un medico e basta, il mio e’ un professore cardiologo del primo centro cardiologico della Polonia (fanno i trapianti) e le prescrizioni me le ha fatte dopo avermi tenuto due settimane in ospedale in cura da nefrologo, cardiologo, diabetologo, internista e dopo avermi impiantato sotto la cute, con sondina nella parete interna del cuore, un cardioverter defibrillatore che porto da due anni, che registra tutte le attivita’ del cuore, con controllo ogni sei mesi, che va sempre meglio anche con una bottiglia al giorno, quando non una e mezza, a pasto. E ogni sei mesi si guadagna anche una bottiglia di barbaresco o di barolo in cassetta di legno in cambio del suo sorriso. Il Brunello lo conosce fin troppo bene perche’ si fa le vacanze ogni anno in Toscana. Il mio consiglio e’ di andare a farsi visitare da un professore (e che sia il migliore che c’e’ in Italia). Probabilmente chi ti ha detto “un bicchiere al giorno” vive in citta’, dove aspira tutti i santi minuti tanti di quei gas di scarico delle automobili e degli impianti di riscaldamento da far impazzire un pneumologo al primo esame della ventilazione dei polmoni. Consigliagli di cambiare casa, magari una volta al giorno. Tanto per fare scambio di sentenze…

  10. A proposito, visto che me lo hai fatto ricordare, ricordo di aver tradotto un articolo una decina di anni fa, scritto da una donna (che ho conosciuto cinque anni dopo) su “Vino, donne e salute”: http://www.enotime.it/zooms/d/vino-donne-e-salute
    Forse puo’ essere utile al tuo medico, oltre che a te. E’ pur vero che ognuno ha un corpo diverso da tutti gli altri, non e’ consigliabile fare generalizzazioni, percio’ non ho mai fatto propaganda per il consumo di vino e se ho confessato il mio stato di salute in pubblico e’ perche’ l’argomento l’hai sollevato tu e meritava una risposta a buon livello. Mi accontento semplicemente di constatare che ciascuno dovrebbe controllarsi, ma non soltanto nell’assumere bevande alcoliche. Tutto fa male, se si esagera: il caffe’, per esempio, oppure i dolci, per esempio, oppure le salsicce, per esempio, oppure la polenta, il latte e via dicendo. La dieta mediterranea e’ fatta di un po’ di tutto, con molta fantasia e una gran varieta’ di alimenti diversi, mai con un alimento predominante sugli altri, che farebbe male. Ti diro’ di piu’: Fabrizio Penna ed Elisabetta GFezzi, che dirigono Enotime e Qualitavola, sono diventati vegetariani molti anni fa. Sono stato a casa loro per tre giorni e non mi sono mai sentito meglio, pur non mangiando carne, uova, latte, prosciutti. Eppure dirigono un portale dedicato al vino ed alla buona tavola. Insomma, Raffaella, spero che ci siamo intesi. La moderazione, in tutto cio’ che si mangia o si beve ci permette di vivere in modo sano e di evitare la galera che c’imporrebbero delle proibizioni assurde (a meno di vere e proprie allergie alimentari). Ho fatto anche degli esami prist-rast, so di essere allergico al pomodoro, al fagiolo bianco, all’atrancio, alla mela, al sedano, al prezzemolo e via via ad una serie di altri alimenti, ma l’allergologo si e’ messo a ridere quando gli ho chiesto se davvero non dovevo piu’ mangiare quelle cose. Basta non esagerare, ecco il suo consiglio, al massimo vengono fuori dei grossi foruncoli sulla schiena…

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