di Fabio Rizzari
L’etichetta pare del 1902, se non del 1802, ma il vino era del 2002. Con gli anni molti ricordi vengono rimpastati, smontati e rimontati, quindi non giurerei sulla nitidezza della mia memoria su certi vini.
Di bianchi di Borgogna, grazie alla divinità benigna, ne ho bevuti; e tra le bottiglie posso contare – senza scriverlo con la maniacalità del collezionista che cerca ossessivamente di arricchire il suo cursus honorum – pezzi rari e sublimi.
L’eccelso Chassagne Montrachet Les Caillerets 2002 di Marc Colin bevuto sabato sera, al netto di paragoni fuori luogo in termini di peso estrattivo, sta perfettamente alla pari con molti di quei ricordi. Come in un sogno, un bianco completo, caleidoscopico, che permette l’uso di qualsiasi aggettivo (tranne forse edificabile e bariatrico). Si accaparra tutta la lunga teoria dei descrittori dinamici: fresco, scattante, vibrante, l’immancabile minerale, salino, ritmato. Non contento, prosciuga anche il serbatoio opposto e complementare: avvolgente, morbido, dal tatto vellutato, burroso, nocciolato, carnoso, etc etc. Emozionante.