di Fabio Rizzari
Dopo cinque decenni passati a considerarmi giovane, o comunque semi-giovane, fra pochi giorni entrerò nella terza età. Gli indubbi vantaggi della situazione – l’accesso alla carta argento di Trenitalia, gli sconti al cinema e nei teatri, il posto riservato sui mezzi pubblici – sono però velati da una tenue malinconia dovuta all’inevitabile pensiero della morte.
Nella mia riflessione filosofica il limite centrare del morire è che difficilmente si concilia con l’idea, o meglio il progetto, di restare comunque vivi. I versi (amatoriali) del mio amico Faro Izbaziri sono rivelatori:
È meglio amare o essere amati?
Morire o essere morti?
Laddove l’ultimo verso mostra con chiarezza come, sia in forma passiva che attiva, la morte concede davvero pochi spazi alla vita. “Vorrei morire senza morte”, diceva un passaggio nel film di Verdone Al lupo al lupo, opera che per inciso sarebbe degna di una maggiore considerazione da parte della critica. A parziale consolazione, “morire è una delle cose che si possono fare facilmente stando sdraiati”, stando al vecchio Woody.
Un progetto comunque ci vuole. Per parte mia sta nell’andare avanti per vedere le nuove stagioni delle mie serie televisive preferite. Mica uno se ne può andare così, senza aver visto Pose 3, o Atypical 4, o La Fantastica Signora Maisel 4, o Shameless 10 (e 11), o Ray Donovan 8.
Se quest’ultima la faranno, ovviamente.