Appendice enologica a La musica e il Risorgimento: Verdi e il vino

di Giovanni Bietti

Il rapporto di Verdi con il vino è strettissimo, e non è quindi un caso che le sue opere contengano alcuni dei Brindisi più celebri di ogni tempo: il Brindisi della Traviata, ad esempio, o “Innaffia l’ugola, trinca, tracanna”, la stupenda scena di ebbrezza all’inizio dell’Otello; per non parlare poi della figura di Falstaff, che passa metà del suo tempo nell’Osteria della Giarrettiera bevendo Xeres e maledicendo “gli osti che dan la calce al vino”.

Verdi era nato in una famiglia naturalmente legata al vino: il padre Carlo gestiva nel villaggio di Roncole una piccola Osteria con rivendita di vini; e la stessa attività esercitava, in un villaggio vicino, la famiglia della madre. Il legame con le sue terre (quelle che oggi vengono chiamate proprio le “Terre Verdiane”) e con i loro prodotti era quindi profondo e viscerale; e infatti, non appena ne ebbe la possibilità economica Verdi acquistò una vasta tenuta agricola a Sant’Agata – ancora oggi visitabile – e vi impiantò una intensa attività che dirigeva egli stesso, con grande energia e passione. Produceva carne (il suo amore per la Spalla di San Secondo era leggendario), salumi, ortaggi, cereali e soprattutto vino. Vino che doveva essere piuttosto interessante, se in una lettera del 1871 (in piena composizione dell’Aida) il suo fattore Mauro Corticelli ne parlava in questi termini:

“Questa mattina ho cavato dal tino chiuso il vostro vino particolare, il quale caro Maestro è molto buono: color chiaro ingranata; sapore eccellente e brusco giusto, senza il più piccolo odore di legno come nei passati anni; è un vino perfetto e buono assai; gl’uomini e Guerrino mi dicono che mai il vino vostro è riescito così buono; si è riempito il vassello delle brente e in più si sono fatte 114 bottiglie, benissimo tappate”.

L’amore di Verdi per l’agricoltura si riflette anche nella sua breve attività politica: il musicista fu infatti eletto Deputato nel primo Parlamento Italiano, nel 1861. Il suo nome era considerato una sorta di simbolo del Risorgimento, soprattutto per le opere “patriottiche” scritte negli anni 40 e 50 (La Battaglia di Legnano, I Vespri Siciliani), al punto che nei teatri si era diffusa l’abitudine di urlare “Viva Verdi!” come criptica invocazione patriottica (Viva Vittorio Emanuele Re D’Italia). Ebbene, durante la sua attività parlamentare il musicista, fervente ammiratore di Cavour, trovò anche il tempo di occuparsi di questioni agricole come il prezzo dei cereali o la diffusione di nuove coltivazioni (i cachi, frutti ai quali egli si appassionò) sul territorio nazionale.

7 commenti to “Appendice enologica a La musica e il Risorgimento: Verdi e il vino”

  1. Applausi dal loggione! La platea è forse ancora un po’ freddina, per scaldarla basterebbe stappare e servire qualcuna delle 114 bottiglie “benissimo tappate”.
    Altrove ci si scambia ragli di somaro, questo “bel canto alterato” in due puntate alleggerisce il cuore e pulisce il cervello.

  2. “… senza il più piccolo odore di legno come nei passati anni… ”

    Già allora c’erano i talebani-comunisti-reazionari del vino… :DDDDDD

    A parte gli scherzi, io la musica di Verdi non riesco proprio a sopportarla. Limite mio, ovviamente. Sarà che forse faccio l’equazione Verdi=Verde=Va Pensiero=Lega Nord… :-)

    Scusate l’alterazione, esimi.

    • Nonostante i miei studi musicologici e la passione per pressoché ogni tipo di suono dall’alto medioevo fino a BB King, ammetto di essere a mia volta piuttosto sordo alla musica verdiana: prima o poi riuscirò forse a superare questo limite (cfr l’espressione esortativa romanesca “ahooo, facce pace”)

      • Beh, come saprai caro Fabio anche Wagner amava definire verdi “die italianische walzer trompetten” per cui rassicurati, sei in buona compagnia. Quel che mi sfugge dalla, non me ne voglia l’autore, lunghissima tirata (in puro stile cripto-Wagneriano) è la connessione Verdi/vino che viene lambita in questo “serrate” finale ma che con il vino o con la musica non ci “azzecca” moltissimo. Potrei perdere ore a citare le infinite possibilità di liaison fra musica e materia enologica a partire dall’Arianna di Monteverdi, ma accetto che l’alterazione di questa sacra confraternita sia talmente elevata da non aver io il diritto di comprendere i segreti primi nè ultimi” (perchè “i primi saranno gli ultimi e gli ultimi i primi”)

  3. Fabio, tu ti muovi da musicologo e degustatore, lo ho fatto anche io solo il link verdi vino non mi era sembrato così stretto. Torno a ripetermi, forse ho malinteso l’intera escursione dialettica. già che ci sei butta un’occhiata qui e credo capirai cosa voglio dire quando affermo che i tuoi articoli prendono una direzione ben precisa mentre in questo caso non ho colto il nesso http://enotecabalduina.com/news/view/cuba_nuvole_1

  4. in treno, di ritorno da Trento dopo un numero irriferibile di vini assaggiati, non riesco ad attivare nemmeno quei tre circuiti neuronali ancora funzionanti di solito… il nesso Verdi/vino mi sembra semplice e chiaramente illustrato nel post: i genitori avevano un’osteria, lui l’ha sempre prodotto e amato. Per questo, conclude Giovanni, si è occupato di agricoltura nel parlamento italico.

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