di Rizzo Fabiari
Alcuni giorni fa, riunione alterata presso l’ormai notissima trattoria romana da Cesare. Stavolta è toccato a Nelle Nuvole portare i vini. “Stagnolati”, precisa dopo aver rincorso mentalmente il termine, “e non impressionanti come credenziali”. Il primo in effetti non fornisce alcun appiglio per farsi apprezzare né tantomeno per farsi riconoscere. Pulitino, profumatino, equilibratino, potrebbe essere un qualunque bianco prodotto nel quinto pianeta del sistema solare. Scoperta la bottiglia, siamo comunque grati a Raffaella: taglio di chardonnay e viognier, Alma Dalton Winery 2010 è stato il primo bianco della Galilea mai provato.
Il secondo si rivela ben più intrigante. Profumi varietali di pinonero, irrobustiti da una corrente odorosa esotica (pepe, spigolo di barca in legno tropicale, opossum) che fa subito virare le deduzioni verso l’estero, uscendo dai confini anche europei. Gusto di ottima densità ma privo di pesantezza, bella dinamica, finale pacificato, meno eroico, ma nondimeno lungo. Scoperta la boccia, niente Oregon, niente Moldavia, niente Nuova Zelanda: si tratta del Ferrous Kooyong 2010, rosso australiano della Mornington Peninsula.
Giancarlo, nella sua finissima sintonia borgognona, lo apprezza ma resta cordialmente sulle sue; Giampaolo ed io (Armando era a casa bronchitico) siamo più convinti: una via originale, non borgognocentrica, al pinonero. Anche fuori dei sacri recinti della Cȏte d’Or – e della Francia in genere – c’è vita pinoneresca.